venerdì 2 marzo 2012

Anunnaki

 Anunnaki, creatori della razza umana 

 





 

Il termine "Anunnaki" significa "Coloro che dal cielo scesero sulla Terra", nella mitologia sumera sono i figli di "An" il dio del Cielo, il quale presiedeva un'assemblea, composta dai sette dei supremi, di cui facevano parte i quattro principali déi creatori (lo stesso An, Enlil, Enki e Ninhursag), con l'aggiunta di Inanna, Utu e Nanna, e di 50 déi minori, detti anche Igigi. Lo studioso, scrittore, archeologo e giornalista di origine russa Zecharia Sitchin, nei suoi libri, ipotizza una colonizzazione della Terra e la creazione dell'homo sapiens, ad opera di questi Anunnaki (citati nella Bibbia con il nome di "Nephilim"), alieni provenienti da Nibiru, il pianeta dell'attraversamento. Per Sitchin, nelle acque del Golfo Persico atterrò, o meglio ammarò, un gruppo di 50 Anunnaki, guidati da E.A. ("Colui la cui casa è l'acqua"), brillante scienziato, e lì dettero vita alla prima colonia extraterreste, chiamandola E.RI.DU (che significa "Casa lontano da casa"). Vennero creati altri insediamenti, per la realizzazione della loro missione: estrarre oro dalle acque del Golfo Persico. Che poi sarebbe stato inviato su Nibiru, così da poter "riparare" l'atmosfera del loro pianeta che si andava disgregando. Le particelle d'oro in sospensione avrebbero formato una sorta di scudo protettivo. In seguito ad E.A. venne attribuito anche l'appellativo di EN.KI ("Signore della Terra"). L'oro estratto dal Golfo Persico però non era sufficiente, venne quindi deciso di estrarlo anche dalle miniere dell'AB.ZU ("Mondo inferiore") nell'Africa sud-orientale. Giunse perciò sulla Terra un numero maggiore di Anunnaki, alla fine della missione erano in totale 600, mentre un altro gruppo di 300 Anunnaki, gli IGI.GI ("Coloro che osservono e vedono") rimase in orbita, con l'incarico di occuparsi delle navicelle che provenivano dalla Terra e delle stazioni spaziali. A questo punto AN/ANU ("Colui che è dei cieli") sovrano di Nibiru, inviò sulla terra il fratellastro di Enki/EA, EN.LIL ("Signore del comando") per controllare che tutto procedesse per il meglio. Enlil assunse il comando delle sette Città degli Déi nell'E.DIN ("Casa dei giusti") inviando Enki a sovrintendere l'estrazione dell'oro nell'Abzu. Per molto tempo gli Anunnaki, estrassero l'oro nelle miniere, ma ad un certo punto, sfibrati dal faticoso lavoro, decisero di ammutinarsi, Enlil allora ordinò provvedimenti disciplinari per costringere gli ammutinati a lavorare, punendo severamente gli istigatori della rivolta. Enki, invece, era più incline a una certa clemenza e dopo aver consultato An, Enki disse "creiamo un lavoratore primitivo che faccia per noi il lavoro pesante". Ed è allora che Enki chiese aiuto a NIN.MAH ("Grande signora") sorellastra dello stesso Enki e di Enlil ed ufficiale medico, gli disse: "sei la levatrice degli dei, crea l'umanità. Crea un essere che possa portare il giogo assegnato da Enlil, che sia il lavoratore primitivo a sopportare le fatiche degli Anunnaki". Ninmah, modificò geneticamente la specie dell'Homo erectus, creando di fatto l'Homo sapiens, che nacque "ad immagine e somiglianza degli Anunnaki" simile a loro, eccezion fatta per la conoscenza e la longevità. Questo avvenne circa 300 mila anni fa, in Africa australe...









martedì 28 febbraio 2012

EMILIO ZAGO

IL RAMARRO

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Il ramarro occidentale (Lacerta bilineata, Daudin 1802) è un sauro della famiglia dei Lacertidi, di colore verde brillante, rapidissimo nei movimenti.

Sistematica
Ne esistono tre sottospecie conosciute.

Caratteristiche
La forma del corpo è quella tipica delle lucertole. Le dimensioni degli esemplari adulti sono di circa 30 cm di lunghezza, e 35 grammi di peso. Anche se ci sono esemplari che superano i 40 cm, ed i 40 grammi di peso.

Abitudini
I ramarri sono animali territoriali. I maschi lottano tra loro, soprattutto nella stagione riproduttiva.

Alimentazione
Si nutrono principalmente di artropodi.

Riproduzione
La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai due anni, i maschi che sono sedentari, e territoriali, nel periodo dell'accoppiamento in primavera, sono molto aggressivi, inseguendo i rivali per molto tempo, il rituale dell'accoppiamento è ben preciso, e comincia con un morso alla base della coda della femmina.

Distribuzione
Questa specie è presente in Spagna, Francia e Italia.
Nell'Italia settentrionale il suo areale si sovrappone parzialmente a quello della Lacerta viridis, diffusa in Europa orientale.

ORBETTINO

Anguis fragilis

 

 

primo piano su... Conosciuto dai più come orbettino o serpente di vetro, l'Anguis fragilis è un piccolo rettile dalle abitubini schive che colonizza tutti gli ambienti umidi. A dispetto della sua apparenza serpentiforme l'orbettino è un sauro a tutti gli effetti. La scelta di perdere gli arti non è un evento raro tra i sauri: in genere tutte le specie fossorie mostrano infatti zampe ridotte o solo in abbozzo, ne sono esempio molti scinchi (come la nostra luscengola).
Rispetto ai loro cugini scinchi tuttavia gli anguidi si sono specializzati ancor di più, rinunciando del tutto a zampe esterne e conservandone solo abbozzi scheletrici. Oltre all'orbettino in Italia troviamo un'altra specie l'Ophisaurus apodus (pseudopo) che in realtà è originaria dell'area balcanica e si rinviene sporadicamente solo ai confini con l'ex Iugoslavia.

maschio subadulto Descrizione: questo anguide raggiunge eccezionalmente i 50 cm di lunghezza, ma in media si rinvengono esemplari di 30-40 cm, la coda costituisce più della metà della lunghezza totale. Il corpo è perfettamente cilindrico e liscio privo di solchi o carenature con una colorazione brillante grigio/beige/ramato. In genere la femmina è più grande a conserva ventralmente parte della colorazione scura degli esemplari giovani. Questi hanno un colore davvero stupefacente: il dorso è oro/rosato con una stria nera vertebrale ed il ventre completamente nero, dei piccoli gioielli insomma! Nell'area orientale di distribuzione si rinvengono anche maschi con una fine ocellatura blu.
A differenza dei serpenti l'orbettino possiede un minor numero di vertebre, l'occhio è dotato di palpebre, la coda può essere autotomizzata e la pelle è "corazzata". Infatti le squame possiedono uno strato osseo che rende questo piccolo rettile piuttosto rigido nei movimenti; l'osteoderma è un adattamento messo in atto dall'orbettino per evitare danni cutanei nelle sue opere di escavazione: mancando di un particolare adattamento allo scavo, infatti, questo anguide si fa strada nel terreno spingendosi avanti con la pura forza delle sue "spire".

neonato Si tratta di uno dei rettili più longevi con casi registrati di esemplari di cattività che hanno superato i 50 anni di vita. Il suo areale di distribuzione in natura è vastissimo, infatti, conducendo una vita semi-indipendente dal calore ambientale, riesce a colonizzare sia zone calde come l'Africa nord-occidentale e l'Asia sud-occidentale spingendosi fino al Caucaso e agli Urali, sia quelle più fredde: in Europa manca solo in Irlanda (evidentemente non gli è mai riuscita la traversata perchè in Inghilterra è invece presente), nella penisola Iberica meridionale ed in Islanda (vivere perennemente nella neve è troppo anche per lui!).


musetto da 'scavo' Vita in natura: l'orbettino si rinviene solitamente in luoghi piuttosto umidi e con fitta copertura vegetale. I due habitat tipici in cui mi è capitato di osservarli sono il prato (preferenziale) ed il sottobosco. A mio avviso il "legame" con gli ambienti umidi non è tanto dovuto ad una reale necessità di idratazione, quanto più all'adattamento alimentare di questa specie che preda quasi esclusivamente lumache e lombrichi. E' raro sorprendere un orbettino allo scoperto infatti, non avendo particolari necessità di termoregolazione, questo rettile tende a passare la maggior parte della giornata rintanato sotto legni e sassi, per dedicarsi alla caccia solo all'alba ed al tramonto. I movimenti di quest'anguide sono estremamente lenti e circospetti, i luoghi aperti vengono accuratamente evitati (anche perchè le sue squame lisce fanno poca presa sul nudo terreno) per cui l'orbettino preferisce spostarsi sempre al riparo della vegetazione erbacea o della lettiera del sottobosco. neonato In genere l'Anguis fragilis è una specie piuttosto pacifica e gregaria: solo i maschi adulti, nel periodo riproduttivo, tirano fuori la grinta ingaggiando delle vere dispute territoriali. Il gregarismo è particolarmente evidente tra gli esemplari giovani che, oltre a condividere lo stesso territorio di caccia, svernano in tane comunitarie.
Per la sua scarsa necessità di calore l'orbettino ha una latenza invernale piuttosto corta rinvenendosi già all'aperto a marzo e prolungando l'attività fino a novembre. L'accoppiamento, alle nostre latitudini, avviene in genere ad aprile e la gestazione si prolunga per 2-3 mesi, al termine dei quali la femmina partorisce 6-12 piccoli (ovoviviparità). Nelle aree nord europee o sui rilievi, dove la stagione "calda" è breve, la femmina può partorire i piccoli la stagione successiva. I neonati sono lunghi solo 8 cm, ma raddoppieranno la taglia nel corso del primo anno di vita per poi "rallentare" man mano che si avvicinano alla maturità sessuale raggiunta tra il terzo ed i quarto anno (corrispondente ad una taglia di circa 35 cm).

maschio adulto (45 cm) Vita in cattività: come tutti i rettili e gli anfibi europei l'orbettino è protetto dalla convenzione di Berna per cui non può essere mantenuto legalmente in cattività nelle regioni italiane che hanno deciso di tutelarlo (a meno che si sia in possesso di documenti che ne attestino la nascita in cattività). Dove ero rimasto? Ah sì...
La mia unica esperienza con questo rettile si perde all'alba dei tempi quando i nostri rettili ed anfibi non erano ancora protetti eppure, ironia della sorte, erano incredibilmente più numerosi. Ho allevato un giovane maschio immaturo per tre mesi avendolo trovato per puro caso durante una gita in montagna (viveva a 1200 metri di quota in un boschetto di noccioli). Gli dedicai un piccolo terrario di 40x25x25 cm, privo di illuminazione e riscaldamento; l'arredamento consisteva di 10 cm di terriccio di sottobosco ed una radice. Durante il primo mese in cattività visse permanentemente sotterrato, poi, come per miracolo, cominciò a mostrarsi all'aperto fino a rinunciare del tutto alla sua tana (se non per le legittime pennichelle). Il neo di questa nostra "amicizia" fu l'estrema specializzazione alimentare dell'esemplare che accettava solo lombrichi, ma non i classici "rossi di California" acquistabili ovunque, bensì una ben particolare varietà grossa e rosa chiaro che ero costretto a cercare sotto i sassi ad ogni scampagnata. La cosa era piuttosto logorante: lombrichi di colori o dimensioni inferiori venivano puntualmente ignorati, mentre i grossi "salsicciotti" (che erano lunghi circa 1/3 dell'orbettino) venivano prontamente acchiappati per un'estremità e poi lentamente ingoiati (anche nel giro di 30 minuti!). Per fortuna dopo un simile pasto l'ingordo rettile se ne stava tranquillo a digerire per circa una settimana!
Ho letto che gli orbettini possono essere alimentati con enchitreidi tuttavia non capisco proprio come possano essere utilizzati vermi così piccoli e dieteticamente sbilanciati per lunghi periodi. Boh? L'alternativa sarebbe quella di procurarsi delle piccole lumache senza guscio, preda ideale dell'orbettino, ma la cosa non è sempre facile.
Non ho alcuna esperienza, diretta o indiretta, sulla convivenza di più esemplari e tantomeno sulla riproduzione, gli orbettini che ho rinvenuto in seguito li ho sempre lasciati dov'erano in rispetto della legge e memore delle difficoltà alimentari incontrate col primo esemplare. Se qualcuno di voi ha del materiale per completare questa scheda, e colmare le mie lacune, è il benvenuto!



La mia esperienza con Anguis fragilis

testo e fotografie di Leonardo Ancillotto


la protagonista All’inizio dell’estate ho avuto la fortuna di trovare, nelle vicinanze di un parco cittadino della mia città, un esemplare di orbettino (Anguis fragilis). Giacché stava strisciando in mezzo alla strada (stavo per investirlo con il motorino!), ho deciso di prenderlo e portarlo a casa, non avendo mai allevato questo animale che mi ha sempre attirato moltissimo.
Per prima cosa, appena tornato a casa, mi sono riletto l’articolo di Roberto sull’orbettino.
Il mio esemplare aveva una colorazione dorsale bruno-rossiccia, con ventre e fianchi scuri e una linea dorsale nera. Questi ultimi due caratteri lo identificavano al 100% come una femmina adulta.
Roberto riporta che il suo A.fragilis accettava come cibo esclusivamente lombrichi selvatici! Questa cosa mi mise non poco in agitazione: dove potevo mai trovare dei lombrichi mentre a Roma non pioveva da settimane e faceva un caldo atroce!? Pur con questa preoccupazione, feci passare qualche giorno, dopo aver preparato un terrario provvisorio, senza offrire alcun cibo.

il groviglio Il terrario era una vasca in plexiglass con una base di 50X30cm, con coperchio in plastica forellata, che permetteva un buon ricambio dell’aria. L’arredamento era molto spartano: 4 dita di torba bionda umida, un tappo di una confettura come riserva d’acqua e qualche foglia secca di quercia. Appena introdotta nella teca la mia femmina si interrò profondamente nel substrato.
Dopo due giorni dalla cattura decisi di provare a nutrirla, ma non ero assolutamente riuscito a trovare alcun lombrico; così, senza tante speranze, introdussi vicino alla sua testa (era sera e quindi era uscita da sotto terra) una tarma della farina che aveva appena compiuto la muta (quindi bianca e morbida): dopo pochi secondi la tarma era nelle fauci dell’orbettina! Da quel giorno ha mangiato di tutto: tarme della farina (anche quelle con il tegumento duro), camole del miele, lombrichi (sia i selvatici che quelli da pesca). Inoltre andava davvero matta per le limacce (ovviamente quelle di piccole dimensioni) che erano il suo cibo preferito.

mamma e baby Avendola catturata in tarda primavera ero quasi sicuro che la mia ospite fosse 'in dolce attesa', anche se non mostrava un ventre particolarmente ingrossato. Infatti passarono due mesi e, a metà Agosto, ancora non era successo niente. Improvvisamente però, l’orbettina cominciò a rifiutare il cibo e a stare sempre più tempo ferma. Dopo 10 giorni di digiuno ero davvero preoccupato per la salute del rettile, al punto che stavo per liberarlo di corsa. Una sera però, andando a sbirciare nel terrario per vedere se aveva mangiato qualcosa, vedo, vicino al corpo del’orbettina, una piccola figura nera e gialla, un orbettino in miniatura... quasi non credevo ai miei occhi.AVEVA PARTORITO!
Curiosamente il primo piccolo è nato la notte del 21 Agosto, mentre gli altri 4 sono stati partoriti la sera del giorno dopo. Lo scarso numero di neonati mi induce a supporre che la mia sia una femmina giovane. Da notare che i piccoli appena espulsi dalla femmina sono avvolti in una specie di placenta che rompono da soli.

pappa! La madre ha ricominciato a mangiare appena due giorno dopo il parto (e che fame che aveva!!!) e ignorava del tutto i piccoli, che per tre giorni sono rimasti con lei nella stessa teca, per poi essere inseriti in un fauna-box a parte.
Interessante il comportamento dei piccoli: oltre a dimostrare un discreto gregarismo (stanno sempre insieme!), hanno abitudini più fossorie degli adulti e, nei primi giorni di vita, sono molto timidi e spaventabili.
Al quarto giorno di vita i piccoli cominciano a mangiare molto voracemente, ma accettano quasi esclusivamente piccole limacce vive (!!!) disdegnando lombrichi e tarme.

Dopo questo breve periodo di osservazioni, e dopo aver scattato qualche foto, ho liberato l’intera famigliola strisciante nel luogo di cattura.
Con queste mie poche impressioni voglio solamente aggiungere una nota particolare su questa bellissima esperienza che ho avuto con gli orbettini, animali diffusissimi, ma molto poco conosciuti.

lunedì 27 febbraio 2012

LA PUTTANA

Faccio la PUTTANA e amo il mio LAVORO. 

 






 





 

“Amo il mio lavoro, voi non dite così? Lo faccio volentieri, mi piace. Io glielo racconto, certo, ma tanto vedrà che poi non lo scrive. Le puttane vanno compatite perché poverette sono costrette dalla povertà dal degrado dalla necessità e se lo fanno è colpa dei papponi che le sfruttano e degli uomini che le pagano, difatti loro non sono colpevoli, per la legge: sono colpevoli gli sfruttatori e in qualche caso in qualche paese i clienti. Loro sono vittime, se potessero scegliere farebbero certamente le insegnanti o le brave madri di famiglia, no?, vorrebbero una bella cucina un salotto col divano a elle un buon marito che torna a casa la sera e le bacia dicendo ciao amore come va. Le cassiere al supermercato, come faceva mia madre, anche. La logica è questa, fa comodo pensare così. Invece no, non è vero. Io faccio la puttana: non sono una puttana, è diverso. Lo faccio perché rende molto e costa poco, lo faccio part time solo la mattina, il pomeriggio vado in giro sto col mio ragazzo se lui è libero, la sera faccio la babysitter a due bambine, ogni tanto, due bimbe bellissime gli riguardo i compiti e gli leggo i libri e le metto a letto che la mamma non può, fa l’avvocato, torna tardi.


Lo faccio perché mi sento di dare qualcosa a qualcuno che ha bisogno, anche, ci crede? È così. Non voglio fare la parte dell’assistente sociale della crocerossina del medico umanitario, ci mancherebbe, anche se so di cosa parlo perché da ragazza io poi quella cosa lì l’ho fatta, sono andata a vent’anni nella ex Jugoslavia in un campo di una Ong a fare la volontaria, un’estate l’ho fatto. Ma questo non c’entra. Dico che gli uomini che vengono qui io li vedo, ci passo il tempo, vedo le loro pance gonfie i denti storti, le cravattone che gli servono a fare finta di essere importanti, le scarpe quadrate che mi fanno pena. Nei vecchi vedo la pelle vizza e il pisello moscio, la loro vergogna e la loro ostinazione a dimostrare che ce la fanno ancora, nei giovani vedo la maschera che si mettono e dietro tutte le paure.

Ci sono quelli che vogliono che ti gli dica solo di no, ce n’è uno che viene qui tutti i martedì vuole che io lo respinga, vuole che gli dica scusa ma proprio non posso ho i minuti contati ho altro da fare, vuole che gli dica: ho due minuti, conto fino a 120 e poi te ne vai. Mi metto davvero a contare, quando sono verso 30-35 gli viene duro, io conto gli dico 90 il tempo sta per scadere e lui lo mette dentro, gli dico 110 e lui spinge, corre, sente che non ha più tempo, che fra dieci secondi mi toglierò da lì e me ne andrò. Gode così. A volte ci riesce, non sempre. Poveretto. Penso sempre chissà cosa gli hanno fatto da piccolo. Chissà chi è che se ne è andato e non lo ha voluto. Torna in un posto della sua memoria, da qualcuno che non lo vuole, questo penso. Lo aiuto. Poi certo dopo si vergogna, mi tratta freddamente, a volte male: sono il suo imbarazzante testimone. Poveretto.

Ce n’è uno sui cinquanta che mi vuole legare, le mani e i piedi, di schiena carponi. Se gli dico sì legami ti stavo aspettando non voglio altro lui si immalinconisce e non lo fa. Una volta mi ha raccontato di sua moglie che non lo vede, lui dice, lo guarda ma non lo vede, non gli parla. La ama: non può fare a meno di lei della sua indifferenza. “Se resta con me vuol dire che mi ama anche lei”, dice. Lo deduce dall’inerzia. Allora gli dico no ti prego non mi legare stamattina facciamolo guardandoci negli occhi e lui è felice, mi sussurra no puttana girati, mi lega finge di violentarmi e sta bene un quarto d’ora. E’ chiarissimo, quando fai questo lavoro, che quello che loro vogliono è che tu faccia finta che non ti facciano schifo: che tu non veda i loro abissi, le loro carie, i loro segreti di cui non parlano con nessuno e che forse nemmeno si dicono mai con se stessi, anzi, al contrario, hanno bisogno che tu non mostri nausea del loro cattivo alito e dei loro odori, le loro sporcizie nascoste nelle pieghe della pelle sotto i vestiti grigi, le loro vite povere, da qualche parte definitivamente segnate. Poi ti dicono scusami, a volte, o povera bambina. Ma poveri sono loro, non io. Io apro le gambe, li tengo dentro, li accolgo. Sono loro che ne hanno bisogno, pagano per questo. Io ho imparato a controllare la nausea molto tempo fa, non la sento, non li sento dove fanno schifo.

Anzi. Prendo i loro soldi, tampono le loro falle, risarcisco le ferite. Non è che sia sempre una passeggiata, certo. Certi giorni non ne ho voglia. Quelli che mi dicono “povera ragazza lo fai per bisogno lo fai perché c’è gente come me che ti costringe, avresti diritto a un lavoro normale” mi fanno proprio incazzare. Questo è un lavoro normale. E’ un lavoro necessario, perché così tutti possono continuare a dare gloria alle loro famiglie unite e solidali e a sopportare le loro miserie. E’ un servizio. Mia madre faceva la cassiera, gliel’ho detto. Le faceva schifo. Si alzava la mattina e diceva che schifo di lavoro, poi ci andava. Avrebbe voluto scrivere favole per bambini, magari, o suonare il flauto. Non lo so. Avrebbe voluto un’altra vita, ha avuto quella. Nessuno lavorerebbe se non ne avesse bisogno: con l’eccezione dei missionari e dei filantropi, certo.

Io ho studiato per fare l’antropologa. Buoni voti, professori entusiasti. I miei felici di una figlia laureata. Sono andata a fare la volontaria dove c’era bisogno, ho visto il mondo. Poi sono tornata qui e tutto quello che ho trovato è stato un lavoro in un negozio di biancheria intima. Seicento euro al mese contratto a progetto. Il mio ragazzo è architetto, lavora in uno studio internazionale, viaggia molto. Un giorno a casa di un amico ci siamo messi a scherzare, abbiamo guardato certi siti internet, c’erano gli annunci, le offerte: vergine offre per mille euro il piacere di essere presa. Vergine? Ridevamo. Dove sono le vergini? Il piacere di essere presa? Ma come parlano? Poi la sera ci ho pensato, e il giorno dopo anche, e tutta la settimana ancora: mille euro, quanto durerà? Al massimo un’ora, accidenti. La prima volta è stato difficile. Ho dato appuntamento a un tizio via mail, poi non ci sono andata. Ho pensato: e se mi ammazza? Perché vede poi è questo il punto: non hai paura di lasciarli fare quello che vogliono fare. Hai paura che ti ammazzino, dopo: con un coltello, con un cuscino, che ti scaraventino giù da una macchina in un burrone, che ti mettano il nastro adesivo sulla bocca e ti buttino a marcire in cantina. Per non lasciare testimoni, è ovvio. Perché magari la loro debolezza è talmente profonda, talmente indicibile che non vogliono, dopo, che ne resti traccia. Per questo la cosa fondamentale è stare qui, protetti, sicuri, con una segretaria alla porta. Certo, la società non lo ammette. Sa quanti matrimoni non avrebbero senso se ci fosse un servizio legale e sicuro di servilismo a pagamento? Non voglio fare della sociologia a buon mercato. Dico solo che lo so per esperienza, per aver visto mia nonna mia madre le mie zie le mie amiche e me stessa. Il mio ragazzo quando è nervoso o stanco dice fammi un pompino. Dice: se tu me ne facessi uno al giorno sarei un’altra persona, poi ride. Però io lo so che è vero. Dice: è insopportabile tornare a casa e non trovare niente da mangiare. Vale per la biancheria, vale per le camicie stirate. Vale per la buona figura che gli fai fare con i colleghi di lavoro la sera se ti metti carina e hai le autoreggenti: caspita, pensano quelli, che fica. Caspita che uomo ad avere una così. Ecco, servizi. Tutti servizi che si potrebbero tranquillamente dare come una linea telefonica dedicata, una spesa a domicilio.

Però no, bisogna che lo facciano le mogli, le fidanzate: è il loro ruolo sociale. Le puttane servono a coprire le disfunzioni del sistema: le mogli alcolizzate e depresse, quelle che non ti rivolgono la parola se non per dirti dove hai messo le chiavi della macchina, quelle che non si tingono i capelli perché non gliene frega niente di piacerti, quelle che dormono fino a mezzogiorno poi vanno a fare shopping, quelle che si ammazzano di lavoro fuori tutto il giorno e la sera non sono carine, no, e meno che mai si fanno legare. Vabbè, comunque mi sa che ho parlato anche troppo e poi tanto lei queste cose di certo non le scrive. La nostra ora è finita, fra dieci minuti arriva il prossimo cliente: cento euro anche lui, certo, gli stessi che ha pagato lei per il mio tempo. Faccio cinquecento euro tutte le mattine, sì. Netti. Cinque giorni alla settimana, il week end raggiungo il mio ragazzo. Sono diecimila euro al mese. Pago un affitto, me ne restano ottomila. Qualche volta quando sono stanca di dire bugie penso ‘smetto’ ma ci ripenso sempre: dov’è un altro lavoro pagato così? Nemmeno un amministratore delegato. D’altra parte è giusto, è un guasto del sistema che ha il suo prezzo, alto. Per continuare a credere che è tutto a posto, va tutto bene, le puttane devono restare segrete, commiserate, compiante e ben pagate. Così la macchina funziona. Il lavoro i bambini le vacanze di Natale le solitudini la vecchiaia i tormenti segreti le ossessioni nascoste.

A me non costa niente, mi pare anche di fare una buona cosa. Sono utile al mantenimento dell’ingranaggio, aiuto persone in difficoltà, guadagno e non mi si vede. Non esisto. Le mogli le fidanzate lo sanno, certe volte, e va bene anche a loro: non esisto, appunto. Loro fanno finta di non sapere, i loro uomini fanno finta di non avere bisogno. Accesso diretto dal parcheggio. Mi sento fortissima, certe volte. Proprio wonder woman. Io li vedo, io li so. Io devo solo aprire le gambe, aprire la bocca, dire di si o di no quando lo chiedono e se no indovinare quello di cui hanno bisogno. Dov’è l’umiliazione? Che sciocchezza colossale. Umiliato è chi chiede o chi dà? Io sono più forte di loro, di tutti quanti loro messi insieme. Io li posso sopportare, disinnescare, placare, eccitare. Io gli servo, loro mi pagano. La padrona sono io”.

"Cristina" è un capitolo tratto dal libro "Malamore, esercizi di resistenza al dolore" di Concita De Gregorio



Giovane 'lucciola' massacrata
Ci sono quattro indagati

La prostituta fu uccisa un paio d’anni fa nel giorno di Pasquetta sull’argine del Po a Zocca. L'inchiesta sulla sua morte oggi sembra ad una svolta 

Paula Burci, prostituta assassinata
Paula Burci, prostituta assassinata
Ferrara, 17 aprile 2010. Il suo cadavere, massacrato e carbonizzato, venne trovato un paio d’anni fa nel giorno di Pasquetta sull’argine del Po a Zocca.
Da viva era considerata solamente per il suo corpo, costretta a venderlo sulle strade a perfetti sconosciuti, di notte.
Da morta nessuno più l’ha reclamata, nemmeno la famiglia, senza soldi per riportarla in patria, in Romania.
Si chiamava Paula Burci, 19 anni, giovane prostituta uccisa e bruciata nella golena del Po da mani ancora sconosciute. Ma l’inchiesta sulla sua morte oggi sembra ad una svolta.
Schiava. Subito sul registro degli indagati comparvero i nomi di un idraulico 35enne di Villadose, e della sua fidanzata, una trentenne rumena oggi detenuta nel carcere di Bucarest.
Proprio grazie alla testimonianza di quest’ultima, polizia e carabinieri erano arrivati ad identificare Paula Burci ed era emerso che la povera diciannovenne si prostituiva in città e figurava nella schiera di «schiave» che facevano capo ad un giro internazionale organizzato fra l’Italia e la Romania.
L’ipotesi di polizia e carabinieri è che Paula sia stata prelevata dalla sua terra d’origine e portata in Italia con la promessa di un lavoro onesto. Ma una volta da noi, sfruttata e gettata sulla strada.
E’ accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere l’idraulico rodigino che ospitò Paula in casa, dove viveva insieme alla fidanzata rumena. Nei guai è finita anche quest’ultima che, secondo le accuse, obbligava la sua sottoposta a prostituirsi.
Nuovi indagati. E proprio nell’ambiente delle ‘squillo’, dove sarebbe maturato l’omicidio, che gli inquirenti stanno facendo pulizia per trovare le ultime prove. Un regolamento di conti? Soldi non versati agli sfruttatori? Questa la pista.
Ora però nuovi sviluppi, nuovi viaggi in Romania, nuove testimonianze. Secondo indiscrezioni gli indagati sarebbero saliti a quattro, gli ultimi due però non avrebbero partecipato materialmente all’omicidio ma avrebbero chiare responsabilità nell’aver costretto Paula alla strada.
Questa la nuova traccia seguita dagli investigatori — Mobile, Reparto operativo e Cc di Copparo coordinati dai pm Barbara Cavallo e Nicola Proto — ormai alle battute finali di questa intricata vicenda. Paula, molto presto, potrebbe avere giustizia.

Walter Chiari

I FULMINI

I fulmini rappresentano uno dei fenomeni meteorologici più spettacolari da osservare.
Sono delle violente scariche elettriche che si manifestano con l'emissione di luce
(lampo) e suono (tuono), originatesi all'interno delle imponenti nubi temporalesche, i Cumulonembi
.

Fisicamente il fulmine è determinato dal rapido passaggio di corrente che avviene fra due conduttori, in questo caso le nuvole, la terra o altri oggetti, quando l'eccessiva presenza di cariche elettriche di segno opposto vengono a contatto una volta che l'isolante, l'aria, non riesce più a tenerle separate.
All'interno dei Cumulonembi le cariche positive sono concentrate nella parte più alta e quelle negative in quella più bassa.

Esistono varie teorie che tentano di spiegare questa particolare disposizione e la più credibile è che tale separazione abbia origine dalle collisioni fra i vari elementi che compongono la nube (piccole gocce di acqua e piccoli cristalli di ghiaccio), dovute alle forti correnti ascendenti e discendenti caratteristiche di queste imponenti e turbolente nubi.
Le particelle più piccole sembra che tendano ad acquistare cariche negative e a concentrarsi appunto in basso, mentre le più grandi tendano ad acquistare cariche positive concentrandosi in alto.
La suddetta separazione produce enormi differenze di potenziale sia all'interno della nube che fra la nube e la terra, che per induzione tende a caricarsi positivamente. La differenza di potenziale, che può raggiungere i milioni di volt, tende facilmente a superare la capacità isolante dell'aria e a questo punto le cariche vengono a contatto scoccando il fulmine.


Questi sono i diversi tipi di scarica:
                             
NUBE-TERRA                                               NELLA NUBE                                                TRA LE NUBI

Questi sono i tipi di fulmini più conosciuti:
Fulmini a razzo molto rari, sono dei fulmini in cui la scarica procede molto lentamente tanto da dare l'impressione di un razzo che voli. Fulmini Globulari che sono stati osservati sporadicamente le cui cause fisiche sono ancora sconosciute. Si presentano come delle sfere luminose del diametro di 1-10 m colorate di rosso, arancione, giallo, bianco che possono durare anche diversi minuti e possono persino passare attraverso pareti, porte e finestre chiuse senza danneggiarle.
Fulmini a perla che appaiono suddivisi in segmenti ad intervalli più o meno regolari.
Fulmini superficiali che hanno l'aspetto di lingue di fuoco provenienti dall'orizzonte e sono prodotti da scariche elettriche non direttamente visibili dall'osservatore anche se può udirne il tuono. Possono verificarsi dentro una nube o dietro nubi più vicine, rendendole visibili anche a grandissima distanza.
Fuochi di S. Elmo che sono scariche elettriche più o meno continue, di piccola o moderata intensità. Tali scariche provengono da oggetti elevati sulla superficie terrestre come parafulmini, alberi di nave, pennoni o da aeroplani in volo. 
Il meccanismo della scarica è complesso e si manifesta in due tempi:
Inizialmente dalla nube scende verso il suolo una scarica pilota debole ed invisibile composta da particelle cariche negativamente che avanza verso il basso ad una velocità di circa 100 Km/s con percorsi successivi di breve lunghezza, procedendo a zig-zag e creando un'intensa ionizzazione.
Quando la scarica pilota si avvicina al suolo, da quest'ultimo parte una scarica di ritorno diretta verso l'alto composta da un flusso di cariche positive presenti a terra. Quando le due scariche si incontrano, segnano nell'aria una scia di congiunzione tra cielo e terra lungo la quale risale verso la nube una fortissima corrente elettrica ad una velocità stimata in circa un terzo di quella della luce.
Anche se la scarica dura frazioni di secondo è in grado di liberare
una quantità enorme di energia, pensate che si possono raggiungere i 20.000 AMPERE con produzione di calore pari a 30.000 °C.
La ramificazione del fulmine si verifica perchè il canale conduttore creato dalla scarica guida, può dividersi in parecchie branche lungo le quali si possono avere diverse scariche di ritorno. Spesso lungo il canale conduttore dopo la prima scarica, si può avere anche un'altra scarica guida verso il basso che innesca un secondo fulmine. Questo ultimo fenomeno, quando si verifica per più volte in poco tempo, crea quell'effetto tremolante nella luce del lampo che si nota molto spesso.

Molti di voi si saranno chiesti come mai il fulmine proceda a zig-zag piuttosto che in linea retta, la risposta sta nel fatto che la corrente non procede cercando la via più breve fisicamente ma quella con minore resistenza elettrica. Per questo motivo è facile che la sua lunghezza possa raggiungere i 2-5 Km con punte di 10-20 Km quando avvengono fra nube e nube.

Come si origina il tuono ?
Lungo lo stretto canale percorso dal fulmine, l'aria si riscalda quasi istantaneamente fino a raggiungere 15-30.000 °C determinandone un'espansione esplosiva che si manifesta con un forte rumore noto come tuono. Se un fulmine cade ad una distanza relativamente breve, il tuono viene avvertito come un colpo secco mentre se cade lontano, il lampo è seguito da un rumore sordo e prolungato perchè le onde sonore vengono riflesse nell'atmosfera e fatte rimbalzare magari su montagne, colline o altro.
Il tuono viene sentito in ritardo rispetto alla visione del lampo tanto più siamo lontani dal posto in cui "cade" il fulmine. Il motivo è semplicemente che il suono viaggia ad una velocità decisamente più bassa della luce, precisamente esso compie circa
300 metri al secondo contro i 360.000 Km al secondo della luce.
Quando ci si imbatte in un temporale è bene stare attenti a dove ci troviamo, cosa indossiamo e come ci comportiamo.
Anche se la scarica elettrica segue il percorso con minore resistenza elettrica di certo non disdegna anche il percorso più breve fisicamente
. Ogni cosa che si sopraeleva dal suolo, come alberi, camini, edifici alti, cime di monti e persino un individuo a piedi, possono diventare il bersaglio del fulmine, più l'oggetto è alto, più è vulnerabile. Naturalmente le cose peggiorano se ci troviamo in prossimità di corpi conduttori di elettricità, come tubi metallici, fili spinati, antenne, grondaie e corsi d'acqua.

Come bisogna comportarci ? Evitare di stare vicini a superfici e ad oggetti metallici, non accendere apparecchi elettrici tipo la televisione poiché l'antenna anche se "messa a terra" può funzionare da parafulmine. Non tenere aperte le porte e le finestre.
Se vi trovate
a
ll'aperto è sconsigliabile rimanere in acqua, essendo essa un ottimo conduttore di elettricità. Non rimanete presso alberi, tralicci, antenne o oggetti simili perchè possono fungere da richiamo e quindi conviene piuttosto rannicchiarsi su di un qualsiasi oggetto isolante, evitando di sdraiarsi per terra. In particolare fate attenzione agli alberi, specie se isolati, vecchi e pieni di cavità poiché la corrente passando attraverso il tronco fa evaporare all'istante la linfa provocandone l'esplosione.
Un buon rifugio è l'automobile la cui carrozzeria funziona come gabbia di Faraday non permettendo alla scarica di penetrare all'interno.

Effetti e danni provocati
:
Nel caso in cui una persona fosse colpita da un fulmine, le conseguenze sono generalmente letali a causa dell'arresto cardiaco e respiratorio. Nel caso in cui la corrente entra ed esce dal corpo, si può avere carbonizzazione dei tessuti. Tuttavia, alcune persone sono rimaste illese o salvate in seguito ad un pronto intervento mediante massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca.  
Il grande calore sviluppato da un fulmine ha la capacità di fondere materiali metallici, provocare l'incendio di materiali combustibili o infiammabili, etc.
Sulle strutture metalliche colpite si possono produrre deformazioni o rotture. Ad esempio quando vengono colpiti i fili dell'alta tensione si determina uno schiacciamento dei cavi o peggio ancora vengono a contatto i conduttori con conseguenti cortocircuiti.
A livello chimico i fulmini causano la formazione di ozono (avvertibile dall'odore acre) e di composti nitrici tramite l'ossidazione dell'azoto. In quest'ultimo caso si producono nel suolo gigantesche quantità di materie azotate (che lo fertilizzano).
Non dimentichiamoci gli effetti elettromagnetici. Le scariche sono accompagnate da forti emissioni di onde elettromagnetiche che producono disturbi nelle trasmissioni radio, in particolare nel campo delle onde lunghe e medie (accendendo la radio - ovviamente dove non c'è musica - è possibile sentire degli schiocchi quando si verificano i fulmini).
Infine, le sovratensioni indotte nelle linee elettriche e telefoniche possono causare danneggiamenti nelle apparecchiature collegate, in particolare di quelle elettroniche.