mercoledì 13 aprile 2011

Treno 8017

3 Marzo: Treno 8017, il più grande disastro ferroviario d’Italia e d’Europa

E’ nota come la “Sciagura del Treno 8017”; risale al 3 Marzo 1944 ed è considerato tuttora il più grande disastro ferroviario non solo in Italia, ma di tutto il continente europeo. L’incidente si verificò per una serie di incredibili coincidenze in una tratta montagnosa della provincia di Potenza, fra le località di Balvano e Muro Lucano.
Il Treno 8017 era partito da Napoli il giorno prima, con destinazione Potenza. Trasportava un grosso carico di legname (520 tonnellate) necessario per la ricostruzione dei ponti abbattuti dalla guerra. Era un convoglio particolarmente lungo, composto da ben 47 vagoni.
Il primo tratto del viaggio fu fatto con un potente locomotore elettrico. Ma dopo Battipaglia non vi era più elettrificazione ferroviaria, così il locomotore elettrico dovette essere sostituito da due locomotive tradizionali a carbone. Si trattava cioè della classiche locomotive “fumanti”, a cabina aperta, alimentate dal carbone spalato nella caldaia da due “fuochisti”, coordinati e guidati da un “macchinista”.
Furono necessarie due motrici perchè una sola locomotiva non sarebbe bastata per superare le pendenze della linea ferroviaria, con quel carico di 520 tonnellate. Ma proprio sul peso effettivo del carico venne fatto un drammatico errore. Non si calcolò infatti il peso aggiuntivo delle centinaia di persone che in quell’Italia precaria per le ferite della guerra, senza più collegamenti regolari, avevano approfittato del convoglio per viaggiare da Napoli verso l’interno alla ricerca di cibo da scambiare con sigarette e caffè distribuito dagli americani.
Sulle cataste di legno del “Treno 8017” si erano così assiepate oltre 600 persone (che avevano portato il peso complessivo del treno da 520 ad oltre 600 tonnellate).
E proprio quel sovraccarico fu fatale, quando il convoglio si trovò ad affrontare un tratto in galleria con una pendenza del 13 per cento. Il treno non ce la fece. Si bloccò nella “galleria della Armi”, un tunnel lungo circa 1700 metri (solo gli ultimi due vagoni erano rimasti fuori dal suo ingresso)., Nel tentativo di superare la pendenza ed uscire dal tunnel, i macchinisti delle due locomotive cercarono di portare la pressione alla massima potenza. Così facendo svilupparono però un’enorme quantità di fumo (monossido di carbonio e acido carbonico), che fece perdere i sensi allo stesso personale di macchina, ed in poco tempo fece morire asfissiata anche gran parte dei passeggeri “clandestini”, che in quel momento stavano dormendo (la tragedia si consumò infatti intorno all’una di notte).
Alla fine si contarono ufficialmente 501 morti fra i passeggeri, oltre ad 8 militari e 7 ferrovieri. Ma secondo i resoconti dei giornali di allora le vittime furono probabilmente molte di più, probabilmente oltre 600, anche se vi fu, dati i tempi, l’impossibilità di riconoscere gran parte dei cadaveri.
Le salme vennero allineate nella banchina della vicina stazione di Balvano, e lì sepolte, senza funerali, in quattro fosse comuni.
La successiva inchiesta attribuì parte della responsabilità della tragedia all’utilizzo di carbone di scadente qualità proveniente dalla jugolasvia. Vi furono anche strascichi circa gli eventuali indennizzi ai familiari delle vittime (il convoglio viaggiava per conto delle forze alleate, pur essendo gestito dalla ferrovie italiane). Rimborso che fu negato sostenendo la tesi che si trattasse di passeggeri “clandestini”. Alcune testimonianze avvalorarono al contrario l’ipotesi che in realtà a quelle persone fosse stato fatto comunque pagare un biglietto, circostanza questa che avrebbe esposto le ferrovie all’obbligo di ben più pesanti indennizzi. Alla fine il governo risolse la questione equiparando i morti del “Treno 8017” alle vittime di guerra. E come tali, i loro familiari, ricevettero un magro risarcimento… 15 anni dopo.

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